sabato 4 ottobre 2008

Business e Open Source: si può!

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in un post che ha suscitato in me un profondo interesse. L'incontro con Larry Augustin e il suo weblog è stato casuale, quasi un caso di serendipità. Non stavo cercando nulla di particolare, ma solo leggendo parte della mia dose quotidiana di feed RSS quando, in mezzo a notizie di vario argomento, un titolo mi ha colpito: "Commercial Open Source in Europe Versus the US", che ho tradotto liberamente con "Business e Open Source: differenze tra Stati Uniti ed Europa". Il post in questione è stato pubblicato sul Larry Augustin's weblog il 23 settembre.
L'argomento ha immediatamente destato il mio interesse perché solo di rado mi è capitato di leggere (e quasi mai in italiano) articoli e post che descrivessero l'aspetto commerciale del software libero e aperto. Non meravigli l'associazione tra il diavolo (lo sfruttamento commerciale) e l'acqua santa (il software libero e aperto): in Italia, ma anche in buona parte del mondo, si è diffusa l'inesatta idea che il Free Software e l'Open Source, per il fatto di essere liberamente distribuibili, siano gratuiti. Non è questa la sede nella quale discutere delle differenze tra software libero e aperto, per le quali vi rimando a un altro mio post (Open Source o Free Software), ma una disamina del problema della gratuità del software mi sembra d'obbligo.

In un suo saggio, dal titolo Perché "Software Libero" è meglio di "Open Source", Richard Stallman scrive alcune frasi illuminanti, soprattutto sui rapporti che intercorrono tra i due movimenti:

«… La differenza fondamentale tra i due movimenti sta nei loro valori, nel loro modo di guardare il mondo. Per il movimento Open Source, il fatto che il software debba essere Open Source o meno è un problema pratico, non un problema etico.

Siamo in disaccordo sui principi di base, ma siamo più o meno d'accordo sugli aspetti pratici. Perciò possiamo lavorare ed in effetti lavoriamo assieme su molti progetti specifici. Non vediamo il movimento Open Source come un nemico. Il nemico è il software proprietario.

La definizione ufficiale di "software open source," come pubblicata dalla Open Source Initiative, si avvicina molto alla nostra definizione di software libero; tuttavia, per certi aspetti è un po' più ampia, ed essi hanno accettato alcune licenze che noi consideriamo inaccettabilmente restrittive per gli utenti. Tuttavia, il significato ovvio di "software open source" è "puoi guardare il codice sorgente".

Ma la spiegazione di "software libero" è semplice: chi ha capito il concetto di "libertà di parola, non birra gratis" non sbaglierà più. ...».

In questo quadro si vede come, al di là dell'etica, i due movimenti siano apparentati; dall'analisi delle quattro libertà del software libero e dei dieci punti della Open Source Definition (per i quali vi rimando al mio già citato post), poi, si evince che i due movimenti condividono almeno due concetti: il software deve essere liberamente distribuibile e il codice sorgente deve essere pubblico in modo che ognuno possa consultarlo e modificarlo. E qui ci possiamo porre una domanda imbarazzante: il software è libero, i sorgenti sono a disposizione di tutti, e quindi chi ci lavora, chi lo crea, chi lo migliora perché lo fa, se non ne può ricavare un utile? Forse lo fa per la gloria? O forse perché è un benefattore dell'umanità ed è ricco di suo?
Logica conseguenza di queste considerazioni è che un modello di sviluppo basato sull'assoluta gratuità del software non può fare molta strada: chi scrive codice "tiene famiglia", come tutti, e, come tutti, ha bisogno di mangiare, quindi deve essere possibile realizzare un modello economico che contemperi la libertà di diffusione del software e i fabbisogni "alimentari" degli sviluppatori.
Il segreto sta tutto nell'ultima frase citata poco sopra che, in lingua originale, suona "free speech, not free beer", una sorta di scioglilingua basato sui due diversi significati che, nella lingua inglese, assume la parola "free": "libero" e "gratis", Indubbiamente la traduzione italiana è molto meno efficace della frase originale, ma credo ci siano pochi dubbi sul suo significato, dubbi che possono essere fugati andando a leggere la definizione di Free Software data dallo stesso Stallman nelle pagine delGnu Operating System:
«...Free software is a matter of liberty, not price. To understand the concept, you should think of "free" as in "free" speech, not as in "free" beer...».
La traduzione ufficiale italiana recita «Il Software libero è una questione di libertà, non di prezzo. Per capire il concetto, bisognerebbe pensare alla "libertà di parola" e non alla "birra gratis"», ed è nuovamente evidente che, nella nostra lingua, la confusione tra le parole "libero" e "gratis" non esiste.
Nello stesso documento, poi, appare un'altra affermazione, a maggior chiarezza di tutto il concetto:
«... Software libero non vuol dire non-commerciale. Un programma libero deve essere disponibile per uso commerciale, sviluppo commerciale e distribuzione commerciale. Lo sviluppo commerciale di software libero non è più inusuale: questo software commerciale libero è molto importante...».

Come si può sfruttare commercialmente un software la licenza d'uso del quale, per definizione, non può essere venduta? Semplicemente proponendo e vendendo servizi a valore aggiunto; un esempio? Canonical ha distribuito, nei negozi della catena Best buy, confezioni contenenti il CD di Ubuntu 8.04, una guida e la possibilità di attivare un servizio di supporto della durata di sessanta giorni, il tutto al prezzo di 19,99 dollari.
Altri servizi a valore aggiunto possono essere la consulenza, la formazione, la manualistica, l'installazione e la messa a punto del software, le personalizzazioni per usi o scopi particolari e simili. È ovvio che se non ho bisogno di assistenza per l'installazione, so usare il software, non ho voglia di leggermi i manuali, non necessito di personalizzazioni e mi scarico i Cd di installazione dal web non devo pagare nessuno, a meno che non decida di fare una donazione.
Questo è il modello di business collegato al free software, ed è sulla diversa percezione di questo modello che si ha sulle due rive dell'Atlantico che Larry Augustin ha scritto il suo post.
A questo punto ritengo sia indispensabile spendere due parole di presentazione su Larry Augustin, nome, forse, sconosciuto ai più. Per farvelo meglio conoscere ne traccio una breve biografia: negli anni Ottanta è consulente, sviluppatore e amministratore di sistemi Unix e, in queste vesti, lavora anche per AT&T Bell. Nei primi anni Novanta si dedica allo sviluppo di Bison++, generatore di analizzatori sintattici compatibile con il linguaggio C++, consegue un dottorato di ricerca alla Stanfordf University e, assieme a James Vera, fonda VA Linux, azienda che ha lo scopo di sfruttare il valore commerciale del software libero. Nel 1999 l'azienda cambia nome e diviene Sourceforge,net, il massimo deposito mondiale di progetti software liberi e aperti (nella primavera del 2007 ospitava oltre 140.000 progetti), Lasciata la sua creatura, Larry Augustin, cui non difetta il talento imprenditoriale, si dedica al venture capitalism e investe in aziende produttrici di software: oggi siede nel consiglio di amministrazione di Fonality, Hyperic, Medsphere, Pentaho, SugarCRM e XenSource. In aggiunta a tutto ciò, non si può dimenticare che il nostro è stato, nel 1998, uno dei fondatori della Open Source Initiative, assieme a Perens, Raymond, O'Reilly e altri.
Visti i suoi trascorsi e le sue esperienze, credo di poter affermare serenamente che quando Larry Augustin parla (o scrive, come in questo caso) di software Open Source, beh, occorre seguirlo con attenzione, ed è proprio quello che faremo nei prossimi giorni.

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martedì 30 settembre 2008

Questo mese ho scritto anche ...

Poiché sembra che abbia un sacco di cose da dire, sto scrivendo articoli e post un po' dovunque; per questo motivo ho pensato di indicare qui, con cadenza settimanale, le mie pubblicazioni. Il post avrà titolo, sempre, "Questa settimana ho scritto anche ..." e conterrà i link ai parti della mia tastiera.


Ecco i post usciti su TuxJournal:
11 settembre: Rilasciato VirtualBox 2.0: le novità, sull'ultima versione del sistema di virtualizzazione di Sun Microsystem, del quale esiste anche una versione Open Source;
16 settembre: Tim Berners-Lee, la World Wide Web Foundation e Internet ovunque: l'iniziativa del padre del web per raggiungere l'ottanta per cento della popolazione mondiale;
16 settembre: Speciale TuxJournal: anteprima di OpenOffice.org 3.0, sulla base della RC1 le novità della popolare suite di programmi per l'office automation;
26 settembre: gPhone: e alla fine arriva l’HTC Dream G1, due parole sul telefonino marcato Google;
29 settembre: La Linux Foundation si apre agli utenti e da adesso è possibile anche ai privati affiliarsi alla Linux Foundation e contribuire allo sviluppo del kernel del sistema operativo Gnu/Linux.


Ho scritto anche su Shannon, continuando quella che è una collaborazione che dura ormai da tempo. Ecco i miei interventi usciti nell'ultimo mese:
29 agosto: Siate temperanti, vigilate, sulle note vicende che hanno portato all'oscuramento temporaneo di Pirate Bay in Italia;
5 settembre: Google Chrome demolito fino alle fondamenta, non proprio una demolizione (il titolista di Shannon ha un po' esagerato) ma una prima disamina critica sul browser di Google.



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lunedì 29 settembre 2008

Liquida Magazine

Affezionati lettori, da qualche tempo ho iniziato a collaborare con Liquida Magazine, magazine online del gruppo Banzai, sul quale pubblico delle rassegne blog con commento su argomenti di attualità.

Ho pensato di farvi cosa gradita segnalandovi i miei articoli.

Non sapete cos'è il gruppo Banzai? è il quarto operatore italiano su Internet, dopo Telecom, Wind e Editoriale L'Espresso, e gestisce siti come Studenti.it, Altervista, ePrice e Officinedellarete.
Una premessa. La blogosfera, ossia l'insieme dei blog e dei diari online dei navigatori del web, è un oceano all'interno del quale si trova di tutto: contenuti interessanti o imbarazzanti, casti o decisamente hard, cazzeggi o discussioni serie. In questi fiumi di parole (e mi torna in mente una canzone che vinse il festival di San Remo nel 1997 ... chissà che fine ha fatto il duo dei Jalisse che la interpretava) che scorrono attraverso il web è difficile non solo navigare, ma anche orientarsi.
Ecco che entra in gioco Liquida: il progetto è ambizioso. Stiamo parlando di un aggregatore di contenuti che si mantiene costantemente aggiornato esplorando continuamente i quasi cinquemila blog che, a oggi, ne fanno parte. Un motore di intelligenza artificiale permette, indicando una o più parole chiave, di estrarre risultati significativi che soddisfino la curiosità del lettore.
A fianco di Liquida ecco il magazine che, cogliendo fior da fiore, presenta articoli che riportano le opinioni, spesso contrastanti, dei bloggers italiani su un determinato argomento. Insomma un progetto tutto italiano per far emergere contenuti e per aiutare i meno esperti a navigare. Se volete saperne di più su Liquida non mi resta che rimandarvi all'ottimo articolo di John Madero "Liquida.it: il santo graal per la blogosfera italiana?" pubblicato su Shannon.
E torniamo al principio, cioè ai miei articoli pubblicati su Liquida Magazine, nella sezione Tecnologia. Eccoli:
16 settembre: A Small World, il social network più esclusivo della rete, sul network che vanta tra i suoi iscritti quindicimila direttori generali, tremilacinquecento laureati ad Harvard e i rampolli di alcune delle più eminenti famiglie del jet set. Un club esclusivo al quale si accede sole se invitati.
18 settembre: A combattere il digital divide arriva la WWW Foundation: Tim Berners-Lee, ideatore del World Wide Web crea una nuova fondazione la missione della quale è quella di annullare il digital divide.
23 settembre: Codice internet: la rete finalmente alle persone, su un'interessante iniziativa, misto di divulgazione e spettacolo, per diffondere Internet in Italia.
28 settembre: Poker Online: una nuova passione: gli skill game, i giochi di abilità, arrivano sul web e sarà possibile giocare a poker davanti al proprio computer.
Vi terrò aggiornati sull'uscita di mie nuove fatiche.

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domenica 28 settembre 2008

New Deal


Signori, si cambia.
Dopo più di un anno di sporadiche pubblicazioni, dopo silenzi di mesi, ho deciso di rinnovare completamente Il giardino del MaGo. Basta con la riproposizione degli articoli pubblicati sulla carta stampata o su altri blog, a volte inadatti, per la loro lunghezza, a questo strumento di comunicazione.
Ho deciso di cambiare registro: da oggi, oltre a promettervi, scarsi e affezionatissimi lettori, una maggior presenza (e poiché non siamo in campagna elettorale non ho motivo di raccontare bugie), voglio darvi qualcosa di più e di diverso.

Quotidianamente leggo, per lavoro e per diporto, notizie provenienti dalle più diverse fonti e, visto il mestiere che faccio, buona parte di queste riguarda l'informatica ... ebbene, ho deciso di commentare qui quelle che mi colpiscono di più. Niente di nuovo o di particolarmente innovativo, visto che nella blogosfera italiana ci sono sicuramente centinaia di altri blogger che fanno la stessa cosa, ma non ho mai preteso di essere originale.
Spero di accontentare i miei lettori abituali e di "catturarne" di nuovi, perché è vero che scrivo per passione, ma sapere che c'è qualcuno che mi legge sicuramente mi stimola a continuare.
Ho cercato di dare una veste grafica un po' meno new age al blog, ho liberato i commenti, perché chiunque può farli senza registrarsi, vorrei stimolare la vostra partecipazione.
Ecco, adesso che ho dichiarato pubblicamente le mie intenzioni, non mi resta che iniziare a lavorare per mantenere le mie promesse.
A prestissimo!

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