sabato 5 luglio 2008

Il Barone di Münchhausen

Per festeggiare il mio ritorno al Giardino del Mago, dopo più di quattro mesi di silenzio, vorrei evitare argomenti seriosi e soddisfare una curiosità che forse ha solleticato qualcuno dei miei soliti, affezionati, venticinque lettori.
Come tutti sappiamo, la terminologia riguardante i computer (e l'informatica in generale) è, in massima parte, in lingua inglese, oppure ne è traduzione più o meno letterale, o, ancora, deriva dall'idioma caro a Shakespeare e a Byron (forse, trattandosi di americani, sarebbe meglio parlare di Poe e Salinger, o di Cooper ed Hemingway).

Questo dà luogo a frasi dal suono esotico ed esoterico, come impostazioni di default, che possiamo tradurre, in modo molto semplice, con impostazioni predefinite, oppure, alla lettera, impostazioni per difetto, intendendosi, con tale frase, la mancanza (il “difetto”, appunto) di istruzioni diverse.
Un altro esempio? Database, parola che ha un suono sinistro, e che si può tradurre con base di dati, locuzione un po' contorta per definire un italianissimo archivio. Non siamo arrivati al livello di sciovinismo dei Francesi, che usano il souris (il sorcio), o degli Spagnoli che impugnano, senza provare alcun ribrezzo, il ratón ... no, noi Italiani, esterofili come siamo, usiamo imperterriti il mouse e, devo dire, ci troviamo benissimo.
Continuiamo con gli esempi: lo scanner, strumento che serve a trasformare un foglio di carta, contenente immagini o testo, in un file da usare sul computer, ha dato origine a una serie di neologismi, alcuni dei quali, mi si consenta, raccapriccianti: scannare, scansionare, scannerizzare. Un uso meno approssimativo della nostra lingua, forse, ci avrebbe permesso di scoprire, su un qualsiasi vocabolario, il verbo scandire. Cito, dal Dizionario De Mauro della lingua italiana, le definizioni “scandire: ... inform., telecom., sottoporre a scansione ...” e, di conseguenza, “scansione: ... inform., telecom., analisi o campionamento di un’immagine che si effettua scorrendo in una sequenza determinata gli elementi nei quali si vuole scomporre l’immagine e trasformando i parametri riscontrati in segnali analogici o digitali che possono venir registrati o trasmessi secondo le esigenze delle elaborazioni successive ...”, che mi pare una buonissima descrizione del lavoro che fa lo scanner.
Fatte queste premesse, soddisfiamo la curiosità di cui sopra. Con le parole boot o bootstrap (da considerarsi sinonimi), si intende la fase di avvio del computer, quella nella quale appare una schermata nera con scritte bianche, alle quali di solito nessuno presta attenzione, che indicano che le diverse periferiche del computer sono attive e pronte a entrare in funzione.
Un conoscitore dell'inglese può restare perplesso perché boot significa stivale, come ben sanno gli appassionati di film western: il cimitero di Tombstone (la cittadina della leggendaria “Sfida all'OK Corral”), infatti, si chiama Boots Hill, la “Collina degli stivali”. L'idea che boot, sia un qualche oscuro acronimo, come, ad esempio, Ram (che non è il montone, ma la Random Access Memory), cade miseramente se consideriamo, appunto, il sinonimo bootstrap, che altro non è che la linguetta che serve, appunto, a calzare gli stivali.
Ebbene, oggi vi voglio svelare il mistero che unisce stivali e computer, e, per farlo, vi parlerò del Barone di Münchhausen, ufficiale e nobile tedesco, vissuto nel Diciottesimo secolo. Il bizzarro nobiluomo era famoso, tra i suoi amici, perché, come si suol dire, le sparava grosse, tanto che un suo amico, Rudolf Erich Raspe, costretto a fuggire in Inghilterra per aver fatto un uso piuttosto disinvolto del denaro pubblico, e trovatosi in bolletta, decise di raccogliere in un libro le sue mirabolanti avventure.
Tra le facezie che il Barone raccontava, oltre a quella di aver volato a cavallo di una palla di cannone, che è forse la più famosa, vi era anche la pretesa di potersi librare in aria, sollevandosi per le linguette degli stivali.
Dal libro Baron Munchhausen's Narrative of his Travels and Campaigns in Russia, che Raspe pubblicò nel 1785, e dall'episodio citato del Barone che si solleva in aria tirandosi per gli stivali, nasce, probabilmente, la frase to pull oneself up by one's own bootstraps (oppure pull yourself up by your bootstraps). Il significato letterale di queste due frasi è, grossomodo, “sollevarsi attaccandosi alle linguette degli stivali”, che è operazione manifestamente impossibile da eseguire anche per un culturista dotato di una muscolatura degna di Mister Universo . La frase va intesa, ovviamente in senso non letterale ma figurato, come “riuscire a fare qualcosa facendo affidamento unicamente sulle proprie risorse”, in altre parole cavarsela da soli.
Ebbene, cari venticinque lettori, cosa fa il computer, dopo che abbiamo premuto il pulsante di accensione, se non “sollevarsi attaccandosi alle linguette degli stivali”? Una volta che abbiamo dato corrente il Bios (Basic Input Output System, sistema di base di immissione e emissione) contenuto nella Rom (Read Only Memory, memoria di sola lettura), inizia a eseguire una procedura, detta Post (Power-on Self Test, auto test all'accensione) che porterà al caricamento del sistema operativo nella Ram (Random Access Memory, memoria ad accesso diretto); al termine di queste procedure, il computer sarà pronto a funzionare e a esaudire tutte le nostre richieste, e avrà svolto tutte queste operazioni in modo assolutamente autonomo, senza alcun aiuto esterno.
Volete un consiglio per iniziare la giornata con un sorriso? Dimenticate le indigeste sigle che vi ho appena propinato e al mattino, quando accendete il vostro computer, immaginatelo che, come il Barone di Münchhausen, con grazia e levità aristocratiche, si sta sollevando in aria tirandosi per le linguette degli stivali ...

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